QUARTA PARTE
.Turn Back Time.www.youtube.com/watch?v=F-ALQyVDJM4Se solo potessi riavvolgere il tempo
Se solo avessi detto ciò che ancora tengo nascosto
Se solo potessi riavvolgere il tempo
Rimarrei per la notte... per la notteLungo il tragitto verso la stazione la mia mente si riempie di nuovo di mille pensieri, primo fra tutti il foglietto che mi hai passato poco prima che finisse il meet. Non faccio altro che chiedermi cosa ci sarà ci scritto, cosa mi avrai voluto dire e perchè... mi faranno piacere le tue parole o mi faranno male? Purtroppo non ne ho la più pallida idea. Non ti ho tolto gli occhi di dosso dal momento in cui me l'hai passato fino al momento in cui hai lasciato la sala insieme agli altri, ma tu hai deliberatamente evitato il mio sguardo ed io ho cercato inutilmente sul tuo volto indizi che mi aiutassero a capire cosa potevi avermi scritto. All'inizio avevo pensato di leggerlo una volta arrivata a casa, ma il dubbio mi sta logorando... voglio sapere, devo sapere! Non appena arrivo in stazione mi approprio di una panchina libera e frugo nello zaino con il cuore in gola.
Quando finalmente lo trovo me lo rigiro un po' fra le mani, ancora indecisa... mi balena persino l'idea di gettarlo via senza leggerlo, ma è un'idea che svanisce molto più velocemente di come mi è venuta. 'Leggilo, ti prego'. Mi hai chiesto espressamente di leggerlo, non posso fare diversamente. Inspiro profondamente e lo apro... i miei occhi scorrono sulla tua grafia pulita più e più volte, ma non capisco. C'è il nome di un hotel, un indirizzo, un'ora e una frase: 'chiedi al barman se c'è un messaggio per Babi'. Ma che significa? Cos'è, una specie di caccia al tesoro in cui mi lasci indizi sparsi qua e là? Ripiego il foglietto e me lo infilo in tasca e proprio in quel momento mi accorgo che stanno annunciando il mio treno in partenza dal terzo binario, mentre io sono al primo! Prendo lo zaino e mi precipito al sottopassaggio, sulle scale rischio di tirarmi il collo un paio di volte per la foga e proprio mentre salgo l'ultimo scalino vedo le porte chiudersi e il treno partire. Provo a correre verso la prima carrozza, urlando per attirare l'attenzione del capotreno, ma è tutto inutile. Il treno che doveva portarmi lontano da te si allontana velocemente e io rimango lì a guardarlo. Per un momento mi arrabbio da morire con me stessa, perchè invece di controllare subito da che binario partiva mi sono lasciata distrarre da quel dannato pezzetto di carta. Già... mentre imbocco sconsolata il sottopassaggio lo tiro fuori dalla tasca e lo rileggo. E se il mio aver perso il treno fosse un segno? Guardo l'orologio... è quasi ora di cena e mancano circa due ore all'orario segnato sul biglietto. Tecnicamente ho tutto il tempo di prendere il prossimo treno prima che arrivi quell'ora... ma checcavolo, ormai siamo in ballo, e allora balliamo! Ricaccio il biglietto in tasca e lascio la stazione decisa a trovare un fast-food per mangiare qualcosa, poi prenderò un taxi e mi farò portare dove hai scritto all'ora stabilita. Non credo che sia una buona idea, anzi sono praticamente sicura che sia una pessima, pessimissima idea, ma comunque non ho più nulla da perdere ormai.
Mentre mi aggiro per le vie della città in cerca di un fast-food accendo l'iPod che porto immancabilmente con me, ovunque vado. Non passa giorno in cui non ascolti la vostra musica, è come se mi mancasse l'aria se rimango senza. È così da sempre e così sempre sarà, anche se a volte mi fate innervosire, mi fate male o mi fate venir voglia di piangere, anche se a volte desidero di potervi odiare e dimenticare invece di amarvi così irrazionalmente. Ma ormai mi scorrete dentro, non riesco ad immaginarmi se non con la vostra musica accanto a me. Der Blick zurück ist schwarz, und vor uns liegt die Nacht - es gibt kein Zurück, zum Glück, zum Glück, kein Zurück. La prima canzone che parte sull'iPod è Schwarz e mi chiedo se sia proprio vero che il non poter tornare indietro sia veramente una fortuna... negli ultimi tempi ho desiderato così tanto di poterlo fare e cambiare tutto. Ma poi chissà se avrei davvero il coraggio di cambiare?
.Uno Scontro col Destino.
Era il mio ennesimo primo giorno di scuola in una nuova città, in un nuovo istituto e per giunta ad anno scolastico già iniziato. Negli ultimi tempi mio padre aveva perso spesso il posto di lavoro e perciò avevamo cambiato spesso città in cerca di un lavoro più sicuro. Da tre anni ormai non riuscivamo a rimanere nello stesso posto per più di 12 mesi e io mi ero rassegnata a dimenticare cosa significasse avere degli amici, perchè appena riuscivo a farmene qualcuno era già ora di levare di nuovo le tende e niente lasciava presumere che questa volta sarebbe stato diverso. Era appena finita la lunghissima settimana del trasloco ed ero di umore nerissimo, avrei anche potuto mordere qualcuno. Mentre ero immersa nei miei pensieri sentii qualcuno sbraitare alle mie spalle
"Pista, pistaaaaaa! Permesso! Largooo, largo!"
Nemmeno il tempo di voltarmi che qualcosa, o meglio qualcuno, mi sbattè addosso facendomi cadere a terra insieme ai miei libri.
"Ma sei pazzo?" urlai subito.
"Cavolo! Scusami sono in ritardo!"
Un ragazzetto con le unghie nere si fermò ad aiutarmi con i libri sparpagliati sul vialetto d'ingresso. Stizzita glieli strappai dalle mani e mi tirai su.
"Beh, alzati prima invece di correre addosso alla gente!"
"Si hai ragione... ora devo scappare, scusa ancora eh?"
Rimasi lì inebetita mentre correva via. Che tipo, non si era nemmeno offeso! Eppure ero stata volutamente scorbutica.
"Si, scusalo mio fratello. Proprio un cafone."
Un tizio con degli orribili rasta e un sorrisetto ebete mi si parò di fianco con la mano tesa.
"Non ti ho mai vista. Sei nuova vero? Io sono Tom comunque."
"Non mi sembra di avertelo chiesto comunque."
Girai sui tacchi e lo piantai lì in mezzo al vialetto col suo sorrisino ebete, aveva scelto la mattina sbagliata per fare il galletto. Certo che la giornata era cominciata davvero bene! Prima buttata a terra da un pericolo ambulante ritardatario e poi abbordata da un bulletto che si crede un gran figo, per di più fratello del ritardatario. 'Nuova scuola, nuova gabbia di matti', pensai fra me... sarebbe potuto diventare il mio motto.
Dopo una mezz'ora praticamente interminabile nell'ufficio della preside, finalmente (o purtroppo) venne l'ora delle presentazioni. La preside mi accompagnò nella mia nuova classe e per l'ennesima maledettissima volta dovetti rimanere in piedi accanto alla cattedra con addosso gli occhi di tutti mentre mi presentava all'insegnante e ai miei nuovi compagni. Più odiavo stare al centro dell'attenzione più capitavo in situazioni che mi obbligavano a starci, che diamine.
"Molto bene Barbara. Dato che non hai ancora il libro di letteratura per ora puoi leggere con uno dei tuoi compagni. Vediamo... ecco, puoi sederti laggiù accanto a Bill."
Per la prima volta da quando ero entrata in aula alzai gli occhi sui miei compagni e in particolare nella direzione indicata dalla professoressa. Per poco non mi venne un colpo quando riconobbi il pazzo che mi era piombato addosso poco prima. Comunque era l'unico posto libero accanto a qualcuno, perciò sospirai e mi andai a sedere con rassegnazione.
"Ciao." disse lui spingendo il libro in mezzo ai banchi.
"Ciao."
La lezione fu abbastanza noiosa, anche se devo dire che non seguii molto il filo del discorso, tanto avevo comunque una parte di programma da recuperare in ore extra pomeridiane per mettermi in pari con la classe. Ero concentrata ad inquadrare i nuovi compagni, compreso il mio compagno di banco. Sembrava che stesse ascoltando con attenzione, ma con non molto interesse. Ogni tanto gli lanciavo delle occhiate. Era un tipo strano, però aveva qualcosa che... oh grazie al cielo, la campanella! Come mi aspettavo la classe si svuotò nella totale indifferenza nei miei confronti... in nessuna scuola ero mai stata molto popolare, non ero il tipo. Ero ordinaria e poco appariscente, ma stavo bene con me stessa.
"Sai già dov'è l'aula ristoro?"
Pericolo-ambulante-Bill stava in piedi davanti a me con le mani infilate in tasca e un sorriso tranquillo. Credevo fossero già usciti tutti, perciò mi prese alla sprovvista.
"Io, ehr... no."
"Dai vieni, ti ci porto io. E ti offro la merenda, così mi faccio perdonare per stamattina!"
Non sapendo che altro fare accettai. Di certo allora non avrei mai creduto che quel ragazzetto sarebbe diventato il centro del mio universo per i due anni successivi e il centro dei miei pensieri per molto, molto più tempo.
--fine quarta parte--